La differenza fra elettroencefalogramma e TMS

Il primo passo nella comprensione di un problema neurologico, o anche nella valutazione del proprio stato neurologico in via preventiva, consiste nel sottoporsi a test ed esami neuropsicologici, presso uno studio specialistico, per accertare se esista o meno una disfunzione nella sfera cognitiva. Una volta effettuato questo tipo di visita, si procede con esami diagnostici più approfonditi, come, ad esempio, l’elettroencefalogramma.

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Come spiega il tecnico di neurofisiopatologia Alessia D’Acunto, l’elettroencefalogramma è un esame esplorativo, non invasivo e indolore, che consiste nell’applicazione sulla testa di una cuffietta con degli elettrodi che captano e registrano l’attività cerebrale. In questo modo è possibile rilevare eventuali anomalie per completare poi la diagnosi con altri esami, complementari alla valutazione neuropsicologica e all’EEG. L’elettroencefalogramma è particolarmente utile perché non solo fornisce un’evoluzione nel tempo del disturbo, ma offre anche una dimensione spaziale del medesimo, denotando le aree cerebrali maggiormente coinvolte.

Come precedentemente accennato, la stimolazione magnetica transcranica a scopo terapeutico è in grado di modulare l’attività di specifiche aree cerebrali. Nel caso di un disturbo ossessivo-compulsivo, ad esempio, si riscontra un’anomala attività di alcune aree: per questi pazienti, è necessario che la funzione neuro-modulatoria della TMS agisca con protocolli inibitori, così da ridurre l’attività cerebrale nelle aree coinvolte dal disturbo. Nel caso di un paziente colpito da un ictus, invece, la funzione modulatoria della TMS agisce in un’ottica diametralmente opposta, ovvero nella stimolazione e nella riattivazione delle aree cerebrali compromesse.

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